DAD1

Centocinquantuno - 20/10/2018

Capì di essere arrivata quando la corte di pesci smise di salire e rimase sgambettante sul posto per qualche secondo: dalle nuvole stava emergendo un palazzo gigantesco, non aveva mai visto qualcosa di così maestoso in tutta la sua vita.
La cosa che maggiormente le toglieva il fiato, però, era un colore talmente intenso e luminoso che i suoi occhi non riuscivano a metterlo a fuoco.
Poteva essere verde, blu cobalto od oro, o forse ancora tutti questi colori in armonia, uno spartito perfetto che se pizzicato suonava come un’arpa.
Ebbe come l’impressione che dietro quel gigantesco palazzo ce ne fossero altri, nascosti alla sua fin troppo limitata esperienza umana.
Curiosa, si avvicinò all’unico che era visibile: i piedi nudi sulle nuvole sembravano produrre note musicali quando le sfiorava, sentiva che lì tutto era musica.
Come quei palazzi erano emersi dalle nuvole, così una figura che le sbarrò la strada e le fece fare un passo indietro.
«Anima bella» pronunciò una voce con infinita benevolenza, «Il tuo passaggio è vietato. La giusta Era non è ancora giunta per Voi. Non è ancora tempo di edificare i sette palazzi celesti».
Nonostante le parole le suonassero come un monito, non si sentiva né in pericolo né avvilita dalle parole di quella figura senza consistenza, in un certo senso la sentiva parte del suo stesso pensiero.
Eppure era cosciente di star pensando, un pensiero dentro il pensiero in un viaggio allucinato, pensò.
Una volta che pronunciò quelle parole, ebbe come l’impressione di vedere la presenza scomparire insieme al palazzo (i palazzi?), inghiottiti dalle nuvole.
I pesci erano scomparsi e davanti a lei si apriva una distesa interminabile di bianco che la invitava a proseguire, sentiva che tutto ciò era lì per lei.
«Oh, svegliati! Non fare brutti scherzi!» urlò qualcuno, spezzando l’atmosfera di pace e serenità.
Quando rinvenne aveva la testa appoggiata sulle ginocchia della nuova coinquilina che la guardava preoccupata, stava sudando freddo.
«Che cazzo hai fatto? Hai bevuto?» domandò nervosa per poi controllarle il braccio in cerca del segno di un ago che con suo sollievo non trovò.